«Un anno e mezzo fa Mi hanno diagnosticato una malattia rara». Lui è Andrea Angelocore, ed è una
delle promesse del pugilato italiano. Romano, nato e cresciuto ad Ostia, è uno di quei boxeur che piace alla gente, perché la gente applaude
quelli che hanno fegato. La mattina lavora in una pescheria, il pomeriggio corre nella palestra del maestro Italo Mattioli.
Ventiquattro anni all’anagrafe, professionista da
quando ne aveva venti. A soli 22 anni vince il titolo IBF youth. Prima di lui,
così giovane, ci era riuscito solo Adriano Cardarello. Curriculum immacolato, nove vittorie
nei nove incontri fino ad oggi disputati, tre prima del limite, ed una lunga
trafila nei dilettanti dove si è misurato con i migliori: Mangiacapre, Di Russo
e Milos Ippoliti sono solo alcuni dei fighter insieme ai quali ha scritto una
piccola epopea del pugilato dilettantistico nostrano.
A Febbraio del 2012 ha affrontato e battuto lo slovacco Ivan Godor. A
quel punto, per gli addetti ai lavori, era pronto per il titolo IBF Youngh. Lui
invece si era accorto che qualcosa non girava. A dispetto
di tutte le sedute d'allenamento, era rigido sulle gambe: «Un cattivo presentimento l’avevo. Mi allenavo tantissimo e non riuscivo a rendere. Sopratutto
ero debole sulle gambe, e per un pugile della mia età è un fatto strano.
Mi hanno poi spiegato che per via di piccole lesioni ai nervi spinali i miei
muscoli non potevano lavorare come volevo, quindi mi indebolivo, e questo aldilà degli
allenamenti che sopportavo».
Una risonanza magnetica, due
scatole di antibiotici e va a fare il titolo contro l’ungherese Laszlo Fazekas. Un match spettacolare, duro, combattuto. Lo
vince. Qualche giorno dopo arriva la brutta notizia: gli viene diagnosticata
una di quelle patologie che il Ministero della Salute ha di recente inserito nel Registro
delle Malattie Rare. La cisti di Tarlov o morbo di Alcott. Lui la
spiega così: «Ha un’incidenza bassissima, colpisce meno di una
persona su cento, nel mio caso riguarda
il nervo pudendo. All’inizio i medici non riuscivano a capire cosa fosse. Mi
hanno mandato a destra e sinistra a fare tamponi uretrali. Soldi, tempo,
e il problema che non accennava a migliorare. Poi a marzo del 2012 è arrivata
una prima diagnosi. Quando mi hanno comunicato che ero affetto da una patologia rara mi è crollato il mondo addosso, ma poi ho cominciato ad affrontarla, perché comunque bisogna
andare avanti ed io sono una persona tenace».
Eccola, quindi la brutta
notizia che rimette in discussione tutte le certezze e i progetti di un
pugile, ma anche di una persona che vorrebbe vivere la sua vita in modo
normale, senza dover nascondere con una smorfia il dolore che gli frena una risata
o che gli complica i piccoli gesti quotidiani. «E' difficile convivere coi dolori lombo-sacrali, per non parlare dei disturbi alla sfera sessuale e
alla mia vita di relazione. Ti faccio un esempio: sono al bar con gli amici, sorrido per una battuta e
improvvisamente mi arriva questa scossa, prima il dolore e subito dopo un fastidioso formicolio alla
zona perineale. Bruciori del cavo uretrale ogni volta che faccio l'amore, e poi
quel senso di pesantezza quando mi alleno».
Comincia così per Angelocore un assurdo gioco dell’oca da un ospedale all’altro, di quelli in cui non si sa mai in che
reparto entrare; ed un combattimento che purtroppo non si deciderà nello spazio
breve di sei round. Ci vorranno sei mesi di trattamento con la fibrina e le
sedute di etiopatia poi -forse- il ritorno sul ring. L’appuntamento fissato è
quello di gennaio contro il bosnico Stanislav Sakic. Sarà il match del ritorno
ma anche quello che probabilmente l’avvicinerà al titolo italiano, chance che il quattro
volte campione Gianluca Frezza sta offrendo praticamente a tutti i pugili della
categoria, e che prima o poi potrebbe presentarsi proprio al boxeur di Fiano Romana. «Non penso al titolo italiano, la vedo una cosa impossibile per il momento. Fino a due mesi fa avevo difficoltà anche a correre quindi mi accontenterei di tornare sul ring. Sarebbe di per sè una vittoria. C'è l'avversario, c'è il match in programma, e ci sono come sempre i miei sponsor: Cantiani, Marinelli e la Sich immobiliare. Manco solo io, che ovviamente vorrei rispettare la scadenza. Date le circostanze però non dipende solo da me».
Andrea Angelocore è un pugile che combatte, sul ring come nella vita. E’
alle prese con questo disturbo nervoso da un anno e mezzo, ma ha scelto di
raccontarsi solo oggi, diventando, in quella sua splendida passione per uno
sport complicato -reso ancora più complicato dai suoi attuali problemi di
salute-, una speranza che cresce un po’ ogni giorno per tutti quelli che
soffrono del suo stesso problema. Questa storia, come quella di tutti gli
uomini, vive di piccoli risvolti eroici: in questo caso l’umiltà, il realismo e la tenacia
nell’inseguire un sogno che al momento sembra impraticabile, ovvero affermarsi nella
disciplina che più ama. «Ora come ora fare il pugilato per me è diventato più difficile,
ma non c'è cosa al mondo che mi faccia star bene come salire sul ring,
quindi stringo i denti e mi alleno. Sono affetto da una patologia che al momento non ha una cura, e questo mi sconforta, ma è vero anche che dopo due mesi di terapia sto già riscontrando i primi effetti benefici. Non vedo l’ora di tornare sul ring.»
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